Le politiche di gestione dei rischi si confermano uno dei capitoli decisivi per le aziende italiane. Secondo una ricerca promossa da ANRA (Associazione nazionale dei risk manager e responsabili assicurazioni) e realizzata dall’istituto Eumetra Monterosa, a livello corporate l’84% degli intervistati ha pensato o pensa di instaurare politiche di risk management, soprattutto in ottica di eventuali Danni materiali diretti ai beni (51%), rischi legati a Responsabilità Civile (43%) e per preservare la Continuità del Business (43%). Rilevante il 44% del campione che afferma di aver cambiato atteggiamento sugli Eventi Catastrofali, dopo il terremoto che colpito il Centro Italia nell’agosto scorso.
Le percentuali scendono quando l’indagine si sposta sulle famiglie italiane, dove solamente 6 individui su 10 reputano importante fare attenzione ai rischi cui sono sottoposti le loro famiglie.
Nello specifico la ricerca si è concentrata su due filoni di indagine: la percezione del rischio nella popolazione (da un sondaggio effettuato su un campione casuale stratificato per quote della popolazione italiana rappresentativo dell’universo di riferimento per sesso, età, ampiezza del comune, area di residenza) e l’atteggiamento delle medie aziende verso il risk management (manifestazione d’opinione a livello nazionale da parte di risk manager di medie aziende italiane).
L’atteggiamento fatalista degli italiani verso la dimensione del rischio è specchio dell’opacità del settore assicurativo”, ha commentato Renato Mannheimer di Eumetra Monterosa. “Si conferma controverso il rapporto con intermediari e assicuratori, come forte la ritrosia a riconoscere l’importanza di ricorrere alle assicurazioni per prevenire dei rischi. È, infatti per il 48% degli italiani inutile spendere soldi in assicurazioni, tanto quello che deve capitare capita”.
“Tutti corriamo quotidianamente dei rischi; li devono affrontare gli individui e tutte le imprese economiche, in modo più o meno razionale” ha detto Alessandro De Felice, Presidente di ANRA. “C’è chi si affida al caso e chi, viceversa, cerca di calcolare, in modo più o meno scientifico, gli effetti possibili degli avvenimenti imprevisti”.
Un terzo delle aziende intervistate ha manifestato un certo timore verso l’aumento dei rischi dopo la crisi del 2008.
Tra le aziende che hanno instaurato politiche di gestione dei rischi, le prime tre voci per cui si ipotizza di instaurare una politica di gestione organizzata e consapevole sono:
- Danni materiali diretti ai beni 51%, che diventa 76% dopo il terremoto del centro Italia;
- Responsabilità Civile 43%
- Continuità del Business 43%, che sale al 60% dopo il terremoto.
Solo l’8% vede rischi nell’utilizzo di identità digitali.
Il principale vantaggio che gli intervistati intravedono nella gestione consapevole dei rischi è dato dalla stabilizzazione dei risultati attesi (48%). Per il 37% si intravede un maggior ritorno del capitale investito e per l’11% a maggiore capacità di accesso al credito, come spinta per attuare strategie di risk management.
Per il 90% degli intervistati, poi, dal 2008 ad oggi si assiste a un aumento dei rischi, come effetto della crisi. Per il 44% del campione sondato in settembre a seguito del terremoto del centro Italia si rileva un cambiamento nell’atteggiamento verso l’ipotesi di gestione del rischio di “eventi catastrofali”.
Per quanto riguarda invece gli individui, i primi due rischi considerati più probabili per sè e la propria famiglia sono malattia (abbastanza o molto probabile per l’83% degli intervistati) e perdita del potere d’acquisto con conseguente riduzione del tenore di vita (73%). L’incendio (43%) e la responsabilità civile (49%) sono in coda alle preoccupazioni. Ancora relativamente bassa è la percezione dei “nuovi rischi” come ad esempio essere vittima di terrorismo (poco o per nulla probabile per il 53%) o l’utilizzo dell’identità digitale (per il 61%).