ASSICURARSI? SOLO SE OBBLIGATORIO- IL 56% DI ASSICURATI RC AUTO NON HA ALTRE POLIZZE

Può essere che il popolo italiano sia il più scaramantico del mondo e il meno incline ad assicurarsi, ma questo non basta a spiegare che rispetto al PIL italiano la spesa assicurativa sia, esclusa la Rc Auto, la metà di quella dei maggiori paesi europei.

Per spiegare la sottoassicurazione del nostro Paese si è sempre chiamata in causa “la scarsa cultura assicurativa”, una formuletta di comodo che significa poco o nulla. Chi può pensare che ci possa essere qualcuno che si sveglia la mattina con l’obiettivo di crearsi una cultura assicurativa?

La verità è che le compagnie propongono solo dei “prodotti” sempre più preconfezionati e sempre più standardizzati e, per giunta, scritti malissimo e di difficile comprensione. Mentre l’assicurato cerca garanzie, semplicità e chiarezza. Vuole consulenza e si rivolge a un professionista per risolvere i suoi problemi, ma la consulenza non trova risoluzione in un prodotto standardizzato.

Una criticità tipica del mercato italiano, evidenziata dall’ultima edizione dell’Osservatorio Auto dell’Associazione Italiana dei Brokers di Assicurazioni, che rileva la scarsa capacità delle Compagnie ad attrarre i clienti Rc Auto con altre tipologie di polizze. Se il 56% degli assicurati Rc Auto non ha sottoscritto polizze di altri rami, il restante 44% oltre alla copertura di Responsabilità Civile Auto ha acquistato: coperture per la casa (25,9%), polizze vita/previdenza integrativa (15,6%), altre coperture auto (10,1%), infortuni rischi da circolazione (7%), malattia (3,7%), infortuni (3,1%), rischi professionali (0,2%).

Secondo lo studio AIBA si è inoltre stabilizzato l’orientamento degli assicurati in favore delle polizze da acquistare via Internet (28%), anche se meno della metà sottoscrive concretamente una copertura online.

Non sfonda invece la bancassicurazione: le prime due motivazioni della mancata disponibilità a stipulare una polizza Rc Auto allo sportello bancario sono la scarsa fiducia (34,9%) e la mancanza di interesse (31,5%), mentre il 22,4% non intende cambiare canale di vendita.